
La magia di una storia senza tempo
'Il fiore di Alcesti': una lettura a piú voci, interpretata da Franco Nero, Mita Medici e Raffaello Fusaro. Il mito nato dalla penna di Euripide rivive sul palcoscenico del Teatro del Fuoco
(di Redazione )
Un giorno Marguerite Yourcenar lesse una storia: la storia di una donna e del suo sacrificio d'amore; la storia di Alcesti, di colei che - resa immortale dalla penna di Euripide - da secoli, sui palcoscenici del mondo, accetta di morire per il marito Admeto. Marguerite se ne innamoró al punto da decidere di farla rivivere attraverso le sue parole. Era il secolo scorso. Chissà se avrebbe mai immaginato che la sua opera sarebbe diventata tanto famosa da essere rappresentata innumerevoli volte sul palcoscenico!
Giovedí 2 ottobre, al Teatro del Fuoco, Alcesti, Apollo, Ercole e Admeto sono tornati a vivere le loro passioni. Admeto - che sarebbe stato punito con la vita per aver dimenticato di fare il sacrificio nuziale ad Artemide, se proprio la sua sposa non avesse accettato di morire al posto suo - é tornato a vivere il suo dramma. Tutto ció é accaduto all'interno di una rappresentazione chiamata Il fiore di Alcesti (adattata da Salvo Bitonti, ndr), patrocinata dalla Provincia di Foggia, dalla nostra Università e dall'Aido e rientrante nel programma culturale intitolato Do ut des. Scambi di emozione, d'amore e di vita, promosso dall'Assessorato alla Cultura, all'Università e alle Politiche Giovanili del nostro Comune.
La serata, fortemente voluta da Giovanni Cipriani, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Ateneo foggiano, nonchè Assessore alla Cultura del nostro Comune, ha visto la presenza di un pubblico numerosissimo, letteralmente rapito da una storia senza tempo. E se la definiamo cosí siamo certi di non sbagliare. Spalleggiato dal nostro direttore, moderatore della serata, tra gli applausi dei giovani studenti, proprio Giovanni Cipriani ci ha introdotti nelle atmosfere incantate del mito, con un'avvertenza: 'Tutta la piéce é un potente urlo per allontanare la morte'. Un ossimoro? Potrebbe sembrare. Ad una lettura superficiale lo sembrerebbe davvero. Dove sarebbe la vita nella storia di una donna che alla vita rinuncia per amore del suo uomo? Eppure c'é.
'E' nel dono di sè; é in quell'Apollo che rappresenta la vita che si contrappone alla morte; - ha continuato il professore- é in quell'Ercole che rappresenta l'umanità che alla morte non si rassegna e contro di essa lotta. Ercole, non a caso, si confonde col Salvatore, ed Alcesti richiama alla mente la sorella di Lazzaro, in una evidente sovrapposizione tra Ercole e Cristo'. Applausi. Poi il buio.
L'occhio di bue illumina il palcoscenico: le note delle arie dell'Alceste di Gluck, ottimamente eseguite al pianoforte da Nicola Marasco e cantate dal soprano Rosa Ricciotti con l'accompagnamento dei bravissimi ragazzi del coro del nostro Ateneo, introducono i protagonisti: un Franco Nero un pó sotto tono nella duplice veste di Apollo ed Ercole, una intensa Mita Medici nei panni della Morte e di Alcesti, un bravo Raffaello Fusaro nella parte di Admeto. E di nuovo, sul palco, nelle voci dei protagonisti, nelle espressioni dei loro volti, nella forza delle note delle arie, su una scenografia essenziale, quasi scarna, il dramma di un mistero che da secoli non smette di avvincere.
Applausi. Poi il buio. E dopo il buio, di nuovo la luce. L'incanto si spezza: Apollo torna ad essere Franco Nero, Alcesti Mita Medici (in foto), Admeto Raffaello Fusaro. L'abbraccio con il quale gli attori salutano il pubblico presente in sala é il segno di una serata in cui l'università, la cultura e gli studenti si sono felicemente incontrati al di fuori delle mura delle aule. Bene, bravi, bis!!
di Rossella Caso